Posizione della ISSN sul consumo di proteine negli sport di fondo

L’International Society of Sports Nutrition (ISSN) fornisce una revisione obiettiva e critica relativa all’assunzione di proteine ​​per individui sani e attivi. Sulla base dell’attuale letteratura disponibile, la posizione della Società è la seguente:

Uno stimolo acuto all’esercizio, in particolare l’esercizio di resistenza, e l’ingestione di proteine stimolano entrambi la sintesi proteica muscolare (MPS) e sono sinergici quando il consumo di proteine si verifica prima o dopo l’esercizio di resistenza.

Per la costruzione della massa muscolare e per il mantenimento della massa muscolare attraverso un bilancio proteico muscolare positivo, un apporto proteico giornaliero complessivo compreso tra 1,4 e 2,0 g di proteine/kg di peso corporeo/giorno (g/kg/giorno) è sufficiente per la maggior parte delle persone che fanno esercizio, un valore che rientra nell’intervallo di distribuzione accettabile dei macronutrienti pubblicato dall’Istituto di medicina per le proteine.

Ci sono nuove prove che suggeriscono che una maggiore assunzione di proteine (> 3,0 g/kg/giorno) può avere effetti positivi sulla composizione corporea in individui allenati con la resistenza (cioè, promuovere la perdita di massa grassa).

Le raccomandazioni riguardanti l’assunzione ottimale di proteine per porzione per gli atleti per massimizzare l’MPS sono contrastanti e dipendono dall’età e dai recenti stimoli dell’esercizio di resistenza. Le raccomandazioni generali sono 0,25 g di una proteina di alta qualità per kg di peso corporeo o una dose assoluta di 20-40 g.

Le dosi acute di proteine dovrebbero cercare di contenere 700-3000 mg di leucina e/o un contenuto relativo di leucina più elevato, oltre a una gamma equilibrata di aminoacidi essenziali (EAA).

Queste dosi proteiche dovrebbero idealmente essere distribuite uniformemente, ogni 3-4 h, durante il giorno.

Il periodo di tempo ottimale durante il quale ingerire proteine è probabilmente una questione di tolleranza individuale, poiché i benefici derivano dall’ingestione pre o post allenamento; tuttavia, l’effetto anabolico dell’esercizio è di lunga durata (almeno 24 ore), ma probabilmente diminuisce con l’aumentare del tempo dopo l’esercizio.

Sebbene sia possibile per le persone fisicamente attive ottenere il loro fabbisogno proteico giornaliero attraverso il consumo di cibi integrali, l’integrazione è un modo pratico per garantire l’assunzione di un’adeguata qualità e quantità di proteine, riducendo al minimo l’apporto calorico, in particolare per gli atleti che in genere completano elevati volumi di allenamento.

Le proteine rapidamente digerite che contengono elevate proporzioni di aminoacidi essenziali (EAA) e un’adeguata leucina, sono più efficaci nello stimolare la MPS.

Diversi tipi e qualità di proteine possono influenzare la biodisponibilità degli aminoacidi dopo l’integrazione proteica.

Gli atleti dovrebbero considerare di concentrarsi su fonti proteiche integrali che contengono tutti gli EAA (cioè, sono gli EAA che sono necessari per stimolare la MPS).

Gli atleti di resistenza dovrebbero concentrarsi sul raggiungimento di un’adeguata assunzione di carboidrati per promuovere prestazioni ottimali; l’aggiunta di proteine può aiutare a compensare il danno muscolare e favorire il recupero.

L’assunzione di proteine della caseina pre-sonno (30-40 g) fornisce un aumento della MPS durante la notte e del tasso metabolico senza influenzare la lipolisi.

https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1186/s12970-017-0177-8?src=recsys

  1. Ralf Jäger, Chad M. Kerksick, Bill I. Campbell, Paul J. Cribb, Shawn D. Wells, Tim M. Skwiat, Martin Purpura, Tim N. Ziegenfuss, Arny A. Ferrando, Shawn M. Arent, Abbie E. Smith-Ryan, Jeffrey R. Stout, Paul J. Arciero, Michael J. Ormsbee, Lem W. Taylor, Colin D. Wilborn, Doug S. Kalman, Richard B. Kreider, Darryn S. Willoughby, Jay R. Hoffman, Jamie L. Krzykowski & Jose Antonio (2017) International Society of Sports Nutrition Position Stand: protein and exercise, Journal of the International Society of Sports Nutrition, 14:1, DOI: 10.1186/s12970-017-0177-8

IDRATAZIONE E SPORT DI FONDO

la questione della idratazione negli sport di fondo e’ un problema affrontato periodicamente dai preparatori e dai nutrizionisti di squadre o atleti.

Questo studio mette a confronto runners che corrono meno di un ora con quelli che corrono piu di ora. Per coloro che corrono tempi brevi e inferiori all’ora e’ molto piu’ importante la dieta e la idratazione nei giorni precedenti e preallenamento, per coloro che corrono piu di un ora e’ anche fondamentale per evitare che la disidratazione superi il 2% del peso corporeo, la idratazione durante la prestazione.

Questo studio mette inoltre in evidenza che gli equilibri elettrolitici e la distribuzione dei liquidi nel corpo rilevabile con impedenziometria possono variare di molto tra individui. Essendo ogni atleta diverso in termini di produzione ormonale, temperatura corporea di base, gestione della temperatura interna, sudorazione e dieta. Una valutazione quindi personalizzata e’ importante soprattutto per i runner di lungo periodo.

https://journals.humankinetics.com/view/journals/ijsnem/32/4/article-p233.xml

Sleep and Athletic Performance: Impacts on Physical Performance, Mental Performance, Injury Risk and Recovery, and Mental Health: An Update

Sleep health is an important consideration for athletic performance. Athletes are at high risk of insufficient sleep duration, poor sleep quality, daytime sleepiness and fatigue, suboptimal sleep schedules, irregular sleep schedules, and sleep and circadian disorders. These issues likely have an impact on athletic performance via several domains. Sleep loss and/or poor sleep quality can impair muscular strength, speed, and other aspects of physical performance. Sleep issues can also increase risk of concussions and other injuries and impair recovery after injury. Cognitive performance is also impacted in several domains, including vigilance, learning and memory, decision making, and creativity.

Charest J, Grandner MA. Sleep and Athletic Performance: Impacts on Physical Performance, Mental Performance, Injury Risk and Recovery, and Mental Health: An Update. Sleep Med Clin. 2022 Jun;17(2):263-282. doi: 10.1016/j.jsmc.2022.03.006. PMID: 35659079.

Conclusion on Creatine use on sport by ISSN

It is the position of the International Society of Sports Nutrition that the use of creatine as a nutritional supplement within established guidelines is safe, effective, and ethical. Despite lingering myths concerning creatine supplementation in conjunction with exercise, CM remains one of the most extensively studied, as well as effective, nutritional aids available to athletes. Hundreds of studies have shown the effectiveness of CM supplementation in improving anaerobic capacity, strength, and lean body mass in conjunction with training. In addition, CM has repeatedly been reported to be safe, as well as possibly beneficial in preventing injury. Finally, the future of creatine research looks bright in regard to the areas of transport mechanisms, improved muscle retention, as well as treatment of numerous clinical maladies via supplementation.

https://link.springer.com/article/10.1186/1550-2783-4-6

Dalla rubrica “cose strane” dal mondo “El Curanderismo” nella tradizione latino – americana Dott.ssa Lo Nigro Cristiana

“El Curanderismo” è un aspetto molto importante della tradizione latino-americana di guarigione folkloristica, che comprende l’uso di erbe, massaggi e rituali quali spiritualismo e misticismo, con le loro relative pratiche.

Si ritiene che i guaritori abbiano un dono divino per la guarigione. La teoria alla base di questa pratica è che Dio ha messo sulla terra erbe curative, poi ha scelto certe persone per incanalare la sua grazia curativa. I guaritori tradizionali ritengono che il recupero del paziente dipenda interamente dalla volontà di Dio.

“El Curanderismo” è una conoscenza quasi sempre tramandata di padre in figlio, che consiste nel ricordare e integrare nell’uomo le sue qualità evolutive, da quando la sua essenza era immersa nei regni inferiori della materia: il minerale per primo, seguito poi dal vegetale e dall’animale.

Nonostante sia diffuso soprattutto in America Latina, lo sciamanismo nacque in Siberia, il termine deriva dalla trascrizione di una parola tungusa Šamen, dove Ša significa ‘sapere’: lo sciamano è il saggio. Nella seconda metà del millennio, attraverso la colonizzazione, il “curanderismo” è penetrato in America Latina dove viene ancora oggi praticato, in Bolivia, Colombia e soprattutto Perù.

I diversi insieme di credenze sono legati agli ecosistemi: l’Amazzonia (selva), l’Altipiano (montagne) e la Costa (deserto). Le erbe utilizzate dai “curanderos” dipendono dall’ecosistema in cui si trovano.

Nell’Altipiano, ad esempio, vengono utilizzate foglie di coca (“foglia sacra”), che sono considerate un alimento spirituale in grado di permettere agli indigeni di vedere il futuro ed entrare in contatto con le divinità (tra cui la “Pachamama”, Madre Terra, la dea dell’agricoltura e della fertilità).

Le cure avvengono attraverso erbe (aloe, agave, cotone selvatico) e forze della natura, che permettono il contatto con l’universo parallelo, dove si trovano gli spiriti. Non esistono, però, regole fisse per vincere un disturbo; il curandero agisce secondo la sua intuizione, ricorrendo anche a canti, danze e strumenti musicali.

Tra le cure più lontane dal nostro modo di concepire la medicina, che sfiorano il rito magico, ricordiamo la purificazione con l’uovo e quella con il porcellino d’india, che rigenerano l’organismo.

La prima consiste nel passare un uovo lungo il corpo del paziente ed è usata per curare il malocchio, l’energia negativa o la “sindrome dello spavento” (caratterizzata da mancanza di appetito, dolori a stomaco e schiena, depressione, febbre …). Alla fine del trattamento l’uovo è cotto e il paziente guarito. Il malocchio colpisce prevalentemente i bambini che viene considerato conseguenza dell’eccessiva attenzione da parte dei genitori oppure causato dall’intensa invidia di qualcuno.

La purificazione col porcellino d’india è altrettanto sorprendente: in questo caso è il piccolo animale viene passato sul corpo del paziente per assorbirne l’energia negativa. Il porcellino muore, ma l’analisi dei suoi organi permette al curandero di identificare l’organo malato del paziente.

In Perù ricorrere a queste pratiche è normale, come per noi lo è chiamare il medico. Il curandero è un personaggio ammirato e fortemente rispettato. Per diventarlo bisogna aver attraversato una grave crisi ed essere stati curati da un altro sciamano.

Ci sono diversi tipi di guaritori ed erboristi: le ostetriche, che assistono le donne nel processo di nascita nella casa delle partorienti, i “sobaderos” (massaggiatori), specializzati in terapia di massaggio, e gli spiritualisti che si concentrano sugli aspetti psicologici del paziente, ne ascoltano i problemi e danno soluzioni concrete alle situazioni di vita quotidiana.

È opinione diffusa che le malattie siano il risultato delle azioni dei singoli, così i guaritori credono che tanto le nostre azioni morali quanto le nostre emozioni influenzino la salute.

Per curare la malattia, i guaritori utilizzano specifici rimedi.

Il the viene preparato dal processo di macerazione in acqua calda delle foglie o dei fiori di piante diverse, a seconda del rimedio che si vuole ottenere. Il the alla menta allevia il dolore di stomaco e la costipazione. La tisana di tarassaco è in grado di eliminare le tossine dal corpo e favorisce la funzionalità epatica. Il the che si ottiene dall’Echinacea stimola la funzione del sistema immunitario. I benefici del the nella pratica dei guaritori tradizionali sono molto importanti per il recupero dei pazienti. Sono usati molto anche gli infusi di tiglio, che hanno proprietà rilassanti e disintossicanti.

Esiste una grande rete di guaritori, sin dai tempi pre-coloniali, che si estende dal Messico alla Patagonia, disciplinata da rigorosi codici etici, che lavora sfruttando la sapienza di una tradizione antica, con una visione del mondo e dell’uomo molto diversa da quella della società occidentale.

Le malattie sono classificate come:

– Naturali: causate soprattutto da uno squilibrio nella triade uomo, cosmo, natura. L’armonia tra l’uomo e il suo ambiente, tra l’uomo e gli dei, tra l’uomo e gli spiriti degli antenati è fondamentale. Una di queste relazioni rotte può provocare una malattia.

La salute dipende dall’equilibrio tra caldo e freddo. Le malattie, il cibo, le fasi della vita e della medicina si distinguono per il loro grado di calore. Ad esempio, l’ipertensione viene considerata una malattia “calda”, causata soprattutto da rabbia o paura.

Per ripristinare l’equilibrio, le malattie “calde” sono trattate con rimedi “freddi” e viceversa.

Tra i rimedi freddi vi sono le banane e il succo di limone. Tra i rimedi caldi le erbe e gli infusi.  

– Soprannaturali: causate da sé stessi, da uno squilibrio spirituale. In questo settore si collocano le malattie psicosomatiche.

Le malattie dovute a cause soprannaturali sono il campo privilegiato in cui il guaritore agisce in modo sensazionale perché la guarigione dipende dal suo potere, che funge da catalizzatore dei poteri delle erbe e delle rituali formule magiche. Una volta che la malattia ha conferito una sorta di incantesimo, il “curandero” si accinge a determinare quale tipo di stregoneria deve usare per contrastarla. Al giorno d’oggi si comincia a rivalutare la medicina dei curanderos e a rendersi conto che, in molti casi, le tecniche proposte costituivano l’unica risposta possibile ai problemi che si ponevano.

                                                                                                          Cristiana Lo Nigro

Caffeina e sport

La caffeina e i suoi effetti sulla salute sono stati un argomento di interesse di lunga data e la caffeina continua a essere un composto alimentare preoccupante per la salute pubblica, come indicato da ricerche approfondite . Allo stesso tempo, la caffeina è diventata onnipresente nel mondo dello sport, dove c'è un vivo interesse per una migliore comprensione dell'impatto della caffeina su vari tipi di prestazioni fisiche. Di conseguenza, la caffeina ha dominato il settore della ricerca sugli aiuti ergogenici e sugli integratori sportivi negli ultimi decenni
un approfondimento lo trovate in questo articolo
https://jissn.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12970-020-00383-4?fbclid=IwAR2m8T1682AmOJ9cHjusyrGlsJXsfqBQXFBU16iiKzFXGTZEzUXatYl14Ok#Sec2
https://jissn.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12970-020-00383-4?fbclid=IwAR2m8T1682AmOJ9cHjusyrGlsJXsfqBQXFBU16iiKzFXGTZEzUXatYl14Ok#Sec2

ALTERAZIONI MINERALI INDOTTE DA FARMACI

I cambiamenti più comuni sono quelli riguardanti potassio, sodio, magnesio, ferro, calcio, zinco e rame. In effetti, alcuni farmaci possono aumentare l’escrezione di potassio e la ritenzione di sodio, o ridurre l’assorbimento o il rilascio di iodio, ridurre l’assorbimento di ferro e zinco e aumentare i livelli di rame.

L’ipopotassiemia è frequentemente associata ai diuretici (diuretici dell’ansa e tiazidici), stimolanti β-adrenergici o agenti lassativi, così come alcuni anticorpi monoclonali usati in oncologia. L’iperkaliemia può verificarsi anche durante la terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone , ACE-inibitori, bloccanti del recettore dell’angiotensina II (ARB), antagonisti del recettore dell’aldosterone, β-bloccanti, agenti antinfiammatori non steroidei (FANS), eparine , immunosoppressori (es. tacrolimus, ciclosporina), corticoidi minerali e glucocorticoidi, digossina

Un certo numero di farmaci può causare ipomagnesiemia [1]

I farmaci antibatterici, come le tetracicline, formano un complesso insolubile con cationi metallici; gli antiacidi abbassano il pH gastrico e causano una sottoregolazione del trasportatore intestinale attivo per il magnesio TRPM6, mentre i tiazidici e i diuretici dell’ansa impediscono il riassorbimento del magnesio a livello renale. Alcuni agenti antineoplastici (es. Cisplatino) e pillole anticoncezionali causano un aumento dell’escrezione renale di magnesio. Infine, anche gli inibitori della calcineurina e i leganti intestinali del fosfato a base di ferro sono associati all’ipomagnesiemia [2].

La carenza di ferro invece può essere dovuta a un ridotto assorbimento, causato principalmente da antibiotici come tetracicline e chinoloni e da farmaci antisecretori gastrici, ovvero antagonisti dei recettori PPI e H2. La secrezione acida gastrica, infatti, facilita l’assorbimento del ferro libero, consentendo la sua conversione nella forma ferrosa più assorbibile di quella ferrica; quindi, nel ridurre l’acidità gastrica, l’assorbimento alimentare di questo minerale è meno efficiente.

Una condizione di ipocalcemia può essere il risultato di quattro diverse condizioni : ipoparatiroidismo, ipovitaminosi D, agenti leganti il ​​calcio o alterato riassorbimento osseo. I farmaci più spesso associati all’ipocalcemia sono i diuretici dell’ansa (per una maggiore escrezione di calcio), agenti chelanti (es. etilendiamminotetracetato, citrato, fosfato), farmaci antineoplastici (es. cisplatino, leucovorin, 5-fluorouracile, nab-paclitaxel, axitinib), bifosfati, calcitonina e denosumab (un anticorpo monoclonale usato per trattare l’osteoporosi).

  1. – Gröber, U. Magnesium and Drugs. Int. J. Mol. Sci. 2019, 20, 2094
  2. – Liamis, G.; Hoorn, E.J.; Florentin, M.; Milionis, H. An Overview of Diagnosis and Management of Drug-Induced Hypomagnesemia. Pharmacol. Res. Perspect. 2021, 9, e00829. 

NUTRIZIONE PREDITTIVA

genetica, diabete e sovrappeso dr. Marco Zanetti

Con la scoperta del Dna e la sua decifrazione completa, si sono sviluppati negli anni delle scienze predittive che analizzano le mutazioni genetiche che portano a sviluppare malattie se non corrette, utili ad esempio in gravidanza, ma anche test di predizione che analizzano piccole mutazioni presenti su determinati geni che determinano una maggiore predisposizione a sviluppare malattie e che solo un comportamento corretto e una azione di prevenzione potrà prevenire

Attraverso test genetici specifici si possono quindi adottare indicazioni alimentari specifici atti a rallentare l’insorgenza di possibili patologie. Ovviamente non si tratta di certezze. A volte anche se ci sono predisposizioni specifiche non sappiamo in quanto tempo e se svilupperemo la patologia. Inoltre attuare delle indicazioni alimentari specifiche potrebbe aiutare per lo meno a fare la cosa giusta per noi

Oggi parliamo da un punto di vista genetico delle predisposizioni al sovrappeso e al diabete, due problemi metabolici spesso correlati tra loro

METABOLISMO INSULINA

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.

Il polimorfismo TCF7L2 (rs7903146) è stato associato ad un aumentato rischio di diabete di tipo II. Questo polimorfismo è associato a ridotta secrezione insulinica in soggetti a rischio di diabete. L’aumentato rischio sarebbe dovuto alla disfunzione b-cellulare ed all’alterato metabolismo delle incretine. Infatti, il TCF7L2 è un fattore di trascrizione nucleare che, quando è attivato, è capace di influenzare la differenziazione cellulare e di aumentare la produzione endogena dell’ormone GLP-1. Presenza allele T: possibile aumentato rischio per diabete tipo 2.

Il gene PPARG codifica invece per un recettore del glitazone che si trova soprattutto nelle cellule adipose. L’attivazione di PPARG aumenta la sensibilità all’insulina ed è implicato anche nello sviluppo degli adipociti. La presenza dell’allele G è associata a possibile predisposizione all’aumento di peso e rischio per il diabete tipo 2.

CONTROLLO DEL PESO

L’obesità è una malattia multifattoriale che ha una predisposizione genetica ma che necessita di condizioni

ambientali, abitudini, per manifestarsi. Il gene FTO (gene obesità-associato) svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo lipidico e della lipolisi, cioè la capacità individuale di mobilizzare il grasso corporeo.

Numerosi studi hanno dimostrato come il polimorfismo rs9939609 moduli la suscettibilità all’accumulo di peso corporeo. La presenza dell’allele A è associata ad un possibile aumento del peso.

Il gene MC4R codifica per una proteina chiamata recettore per la melancortina-4. L’attivazione di questo recettore sopprime il senso della fame, quindi il suo deficit provoca: ingestione di cibo in eccesso già nel primo anno di vita, aumento dei livelli di insulina e della massa grassa. Nel merito l’allele C è più sfavorevole e predispone all’aumento di peso, infatti è stato dimostrato come i livelli di espressione di MC4R siano correlati con la distribuzione del grasso corporeo e la percentuale di assunzione di energia da carboidrati e grassi.

Il gene Leptin codifica per l’ormone proteico leptina che controlla il peso corporeo, regolando l’assunzione di cibo e dispendio di energia. La leptina è uno dei principali ormoni prodotti dal tessuto adiposo e agisce nella regolazione del bilancio delle risorse energetiche. La leptina arriva nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) attraverso la barriera ematoencefalica mediante un meccanismo di trasporto mediato da specifici recettori. Questo segnale di natura ormonale ha lo scopo di informare il SNC sullo stato di riserve energetiche dell’individuo. Agisce regolando l’apporto alimentare attraverso l’inibizione della sintesi e del rilascio del neuropeptide Y (NPY) che stimola l’appetito. Presenza allele A (Leptin): possibile fattore di rischio cardiovascolare e tendenza all’obesità.

Il NPY, codificato dal omonimo gene, è un potente stimolatore dell’appetito ed ha uno spiccato effetto oressizzante. Tuttavia, livelli elevati di NPY possono provocare ipotensione, ipotermia e depressione dei centri respiratori. È inoltre in grado di provocare vasocostrizione delle arterie cerebrali. La localizzazione di NPY nell’ippocampo lo rende importante nei processi di apprendimento e memoria; in questa regione del cervello è capace di stimolare la proliferazione neuronale, ciò è in accordo con le sue proprietà antidepressive. Presenza allele C (NPY): possibile fattore di rischio cardiovascolare e predisposizione all’aumento di peso

Dieta e genetica: nuove prospettive

AUTORE CRISTIANA LO NIGRO

Articolo scritto dalla Dott.ssa Cristiana Lo Nigro

Già Ippocrate, il padre della medicina, che visse 400 anni prima della nascita di Cristo, aveva ben compreso l’importanza dell’alimentazione per il nostro benessere psico-fisico, tanto da sostenere “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”.

Al giorno d’oggi non soltanto è noto quanto l’alimentazione influisca sullo sviluppo di numerose patologie multifattoriali (malattie cardiovascolari, diabete, tumori), ma si iniziano a conoscere anche le basi molecolari dell’influenza reciproca tra geni e dieta.

La variabilità genetica individuale influenza il modo in cui i nutrienti possono essere assimilati, metabolizzati, accumulati ed escreti: in poche parole, ciascuno risponde a modo suo alle molecole introdotte nell’organismo e, in generale, agli stili alimentari e di vita.

Lo studio delle interazioni tra nutrienti e composti della dieta con i comparti cellulari e le reazioni biochimiche viene approfondito mediante due nuove discipline della genetica e della biologia molecolare: la nutrigenetica (o genetica nutrizionale) e la nutrigenomica (o genomica nutrizionale).

La prima studia l’impatto della diversità genetica degli individui sul metabolismo dei nutrienti e dei composti introdotti con la dieta. Il DNA, che è proprio di ogni individuo, influenza la risposta dell’organismo ai vari alimenti e la conseguente ricaduta sulla salute.

La nutrigenomica studia il rapporto tra DNA e genoma, quindi l’impatto dei diversi elementi (macronutrienti, micronutrienti e composti bioattivi) introdotti con la dieta sul nostro genoma e cerca di comprendere quanto la dieta influenzi l’accensione o il silenziamento del messaggio contenuto nei geni.

A queste discipline recentemente si è aggiunta l’epigenetica nutrizionale che studia le interazioni tra i componenti della dieta e le modifiche dell’espressione genica che avvengono senza modifiche della sequenza del DNA.

Le vecchie conoscenze in ambito di alimentazione ritenevano che una stessa dieta producesse gli stessi effetti su tutti gli individui, ma già nel XX secolo iniziavano a essere individuati alcuni errori congeniti del metabolismo, tra cui la Fenilchetonuria, l’esempio più “classico” di patologia in ambito nutrigenetico.

La fenilchetonuria come altri difetti congeniti del metabolismo, quali la galattosemia, la tirosinemia, la malattia di Wilson, l’ipercolesterolemia familiare, sono condizioni rare e monogeniche, in cui sono le mutazioni di un singolo gene in un singolo individuo a determinare la malattia.

La situazione diventa complessa nelle patologie di tipo poligenico/multifattoriale, in cui la genetica contribuisce solo in parte all’espressione della malattia.

In patologie come l’obesità, il diabete, l’ipertensione, i tumori, ad esempio, il contributo delle varianti genetiche è ancora poco chiaro.

Tuttavia la ricerca in questi ambiti progredisce rapidamente e i recenti approcci mediante le tecnologie di nuova generazione hanno permesso di individuare varianti genetiche/genomiche associate allo sviluppo di determinate malattie o protettive nei confronti delle stesse, ma i dati finora sono ancora parziali e non conclusivi, nonostante gli ampi campioni di popolazione analizzati.

Da questi nuovi campi di studio si auspica che possano scaturire interventi di prevenzione e di cura atti a controllare alcune patologie cronico-degenerative determinate dalla cattiva interazione geni-alimenti, soprattutto mediante la modifica di comportamenti alimentari in alcuni momenti fondamentali della vita dell’individuo. Per esempio, secondo alcuni studi, i primi mille giorni, potrebbero permettere di intervenire in ambito di educazione alla nutrizione per prevenire patologie quali l’obesità infantile e la sindrome metabolica dell’adulto, mediante l’induzione di modifiche genetiche ed epigenetiche.

È ormai accertato che l’interazione di ciò che mangiamo con i nostri geni si ripercuote sul benessere e dal momento che l’interazione degli alimenti con l’organismo dipende dal DNA individuale, si deve tendere il più possibile ad una nutrizione personalizzata.

In ogni settore la personalizzazione delle cure, d’altra parte, è un obiettivo prioritario della medicina contemporanea.

Per concludere ricordiamo che la ricerca è estremamente attiva, con la finalità di rendere sempre più numerose le ricadute pratiche. A tal fine, è auspicabile la collaborazione tra nutrizionisti e laboratori di genetica, per fornire al professionista sanitario il profilo genetico del soggetto, in grado di guidare il consiglio alimentare più adatto per le sue esigenze di benessere e di mantenimento della salute a lungo termine.

Very low carb diets could be incompatible with exercise

dr. M Zanetti

While very low carbohydrate (ketogenic) diets are popular with those trying to lose weight, there are concerns that such diets may not support the desire for exercise. This hypothesis was investigated by a US research team at Arizona State University.

Untrained overweight adults were randomly assigned to a ketogenic diet or a control diet, which was higher in carbohydrates. Both diets were designed to promote weight loss and were consumed for 2 weeks. The macronutrient content of the diets was 5% energy from carbohydrate, 65% from fat and 30% from protein in the ketogenic diet. In the control diet, the respective figures were 40%, 30%, and 30% of energy. Exercise testing was carried out at baseline and at the end of the study.

Average weight loss was similar over the 2-week period for both groups. As expected, subjects following the ketogenic diet demonstrated a large build up of blood ketones, indicating that their bodies were burning fat. Having a high blood ketone level was significantly associated with greater perceived effort during exercise and an increased feeling of fatigue.

The authors concluded that very low carbohydrate ‘ketogenic’ diets could reduce the desire to exercise and, thus, be counter productive for weight management.

For more information, see 
White AM et al (2008). Blood ketones are directly related to fatigue and perceived effort during exercise in overweight adults adhering to low-carbohydrate diets for weight loss: A pilot study. Journal of the American Dietetic Association, Vol 107, pages 1792-96.